4/09/2013
Seconda giornata di sciopero ieri dei lavoratori della Italcementi di Scafa che hanno mantenuto fede all’annuncio di proseguire nel lotta contro la chiusura del cementificio, dopo il primo sciopero di martedì scorso. Di nuovo rallentamenti, per 4 ore, lungo la statale Tiburtina a Scafa, imposti, ieri mattina, dal sit-in dei lavoratori dello stabilimento per protestare contro la chiusura dello stabilimento, prevista a partire dal 31 gennaio 2014. «Non ci fermeremo», hanno detto coralmente, «perché vogliamo che l’azienda rispetti gli accordi sottoscritti (il 14 gennaio 2012) che prevedono il mantenimento dei livelli occupazionali con la cassa integrazione per il 50 per cento dei dipendenti fino a gennaio 2015 con la motivazione della ristrutturazione dell’impianto. Andremo anche a Roma o a Bergamo, sede dell’Italcementi, per dar forza alla nostra voce». Ma alla determinazione dei dipendenti, appoggiati dalle sigle sindacali territoriali e provinciali, dal sindaco e dall’amministrazione comunale di Scafa, dalle istituzioni regionali e provinciali, e dai primi cittadini dei centri nel territorio della concessione mineraria, si contrappone la decisione della azienda di chiudere lo stabilimento. In un comunicato la Italcementi, ieri, ha ribadito, infatti, che «la chiusura dell’impianto di Scafa dipende dal perdurare delle condizioni del mercato del cemento in Italia, che registrano un volume di vendite più che dimezzato rispetto a 7 anni fa. I dati del ministero dello Sviluppo economico», si legge ancora nella nota, «parlano di una ulteriore caduta del 18,2% tra gennaio e aprile 2013 rispetto allo stesso periodo del 2012, che già aveva registrato un drastico calo. L’andamento del mercato del cemento rispecchia il momento difficilissimo che il comparto delle costruzioni sta attraversando. I dati diffusi a luglio dall’Ance parlano infatti di 690 mila posti di lavoro complessivamente persi in tutta la filiera negli ultimi cinque anni a causa della crisi del settore. Per fare fronte a questa situazione Italcementi ha varato un piano che prevede la razionalizzazione della propria rete produttiva, con la chiusura di alcuni impianti e la ristrutturazione di altri, scelti in base a una analisi complessiva del mercato italiano, al fine di mantenere il proprio apparato produttivo efficiente dal punto di vista industriale e adeguato ai mutati volumi di vendita. Questo potrà garantire la tenuta dell’azienda in una fase drammatica del mercato». La questione sarà in discussione il 10 settembre a Roma al ministero dell’Industria e dello Sviluppo economino dove l’azienda chiederà la ratifica della richiesta di trasformazione della cassa integrazione accordata per ristrutturazione, a chiusura, mentre i dipendenti e le altre parti coinvolte chiederanno che questo non passi. «Attraverso il presidente della Provincia Guerino Testa», hanno spiegato Lucio Girinelli della Cisl anche a nome dei colleghi Massimo Di Giovanni, della Cgil, e Giovanni Panza, della Uil , «abbiamo avuto la notizia che, il 5 settembre, ci riceveranno a Roma per farci rappresentare le nostre richieste, il ministro Gaetano Quagliarello e il sottosegretario Giovanni Legnini ci riceveranno assieme al vice presidente della Regione, Alfredo Castiglione, al presidente della Provincia, Guerino Testa, e al sindaco di Scafa, Maurizio Giancola».
Walter Teti